Il labirinto del silenzio (2014)

Scritto da tmdb11092951 il 12 dicembre, 2018

La Shoah ha marcato il secolo scorso con un'impronta unica e tragica, influenzando in maniera decisiva i nostri modelli di rappresentazione e particolarmente il cinema. Questa 'influenza' continua a interrogare autori, critici ed esperti e a produrre opere che aiutano a convivere col passato, un passato che non può e non deve passare. E di passato e della sua rielaborazione dice (molto bene) Il labirinto del silenzio di Giulio Ricciarelli, regista italiano naturalizzato tedesco, che assume il cinema come metodo d'investigazione e approccia il soggetto con l'eloquio lento del 'diritto'. Con Il labirinto del silenzio assistiamo precisamente a uno slittamento dal piano della visione a quello dell'ascolto, dalla potenza delle immagini a quella delle parole. Al centro del film un giovane e biondo procuratore che tredici anni dopo la liberazione dei campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau guida il proprio Paese come Arianna fuori dal dedalo e dal silenzio. Se la Germania dichiara oggi a voce alta la propria responsabilità eterna per la Shoah, non è stato sempre così. Dopo la guerra i tedeschi non avevano alcuna voglia di risvegliare i fantasmi del passato e troppa forse di tirarci una linea sopra, rimuovendone il peso. Nel 1949 dunque il cancelliere Konrad Adenauer appoggiava la reintegrazione massiva, soprattutto nella funzione pubblica, dei cittadini rimossi dai loro incarichi perché coinvolti con il regime nazista. Promotore della resurrezione materiale della Germania, sottolineata da Ricciarelli con champagne, nuovi edifici e nuovo stile di abbigliamento, Adenauer interpretava il desiderio della sua gente che voleva soltanto dimenticare, che non voleva sapere. Tutto cambierà però a partire dal 1958 e per l'intervento di una commissione incaricata di indagare sui crimini di guerra e sui criminali nazisti. Mescolando personaggi reali (il giornalista Thomas Gnielka e il procuratore Fritz Bauer, a cui il film rende omaggio) e di finzione (il protagonista 'composto' da tre procuratori esistiti), l'autore realizza un dramma giuridico e personale storicamente irreprensibile. Film-dossier sobrio ed efficace, Il labirinto del silenzio scorre una pagina rilevante della storia in fondo alla quale il male avrà finalmente "un nome, un viso, un'età, un indirizzo". Divorato dall'interno e 'aggredito' dall'omertà dominante, il protagonista ostinato di Alexander Fehling si fa carico del passato della nazione. Convinto di vivere nel paese migliore del mondo, come cantano i bambini nel cortile della scuola, Radmann non riesce davvero a immaginare cosa siano stati i campi di sterminio spacciati per 'campi di detenzione preventiva'. Ma l'enormità della menzogna non tarda a travolgere il protagonista convinto di indagare su un omicidio e smentito dalla realtà che emerge lo sterminio di massa. Due anni dopo il processo Eichmann a Gerusalemme e vent'anni dopo il processo di Norimberga, ventidue criminali nazisti (soltanto sei saranno condannati all'ergastolo) compariranno davanti al tribunale di Francoforte. Momento capitale nella storia recente della Germania, il 'secondo processo di Auschwitz' apre una fase volta alla sensibilizzazione della magistratura e dell'opinione pubblica sul tema delle colpe e delle responsabilità della Germania durante la guerra. Assumere il proprio passato divenne da allora un dovere morale per tutto il Paese. Teso e appassionante come un polar, Il labirinto del silenzio svolge una partitura inquisitoria che bracca i cattivi, confronta superiori, gerarchi e subordinati e interroga il silenzio degli aguzzini e quello delle vittime, barricate dietro il loro dolore. Perché il film, attraverso il personaggio di Simon, tratta (anche) l'isolamento dei sopravvissuti, la difficile integrazione in Germania come in Israele, l'impossibilità di dire a chi ignorava l'ampiezza dello sterminio. Ma il film trova le parole, quelle della legge e quelle del Kaddish che Radmann e Gnielka reciteranno per i bambini di Simon lungo il perimetro spinato di Auschwitz. Il silenzio è rotto.