Il ponte delle spie (2015)

Written by carlo on December 28, 2015

Quando si accendono le luci mentre scorre il solito rullo di coda di lunghezza infinita, il primo pensiero che si affaccia in mente somiglia a ‘ah, i bei filmoni che si facevano una volta’. Perchè, con un’architettura drammaturgica accurata e una messa per immagini che sa emozionare più di una volta, il lavoro di Spielberg va oltre i propri difetti e avvolge lo spettatore riscaldandolo piacevolmente. Ovviamente, nei filmoni di una volta, iI buoni erano tutti da una parte e i cattivi pure un po’ stupidi dall’altra, perciò chi è affetto da antiamericanismo acuto sia avvisato, ma la bravura del regista nel raccontarci questa favola è tale che si può per una volta ignorare l’ennesimo mattoncino nell’edificazione del mito a stelle e strisce. A controbilanciare la questione, sta, inoltre, l’interesse spielberghiano sempre concentrato sulle persone e sulle relazioni che si instaurano fra di esse, mentre la storia (con la maiuscola o meno) fa da sfondo: la costruzione del rapporto tra Donovan (Tom Hanks) e Abel è tutto incentrato sul crescente rispetto che si va instaurando fra i due, laddove a Berlino lo stesso Donovan insiste a parlare di uomini quando discute dello scambio di prigionieri. In più, a voler ben vedere, con ‘Il ponte delle spie’ si hanno due film al prezzo di uno – il processuale nella prima parte con tanto di triangolazioni che coinvolgono giudice e pubblica accusa, lo spionaggio classico nella seconda – e quindi è davvero difficile lasciare la sala insoddisfatti. La vicenda romanza (parecchio) dei fatti accaduti tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta: a New York è arrestato Rudolf Abel (notevolissima l’interpretazione di Mark Rylance) perchè sospettato di essere una spia sovietica e gli viene assicurata una difesa competente per dimostrare la superiorità del sistema americano. La patata bollente viene scaricata a Donovan dal suo capo (è sempre un piacere ritrovare Alan Alda), ma ben presto l’avvocato si appassiona in quella difesa dei diritti dell’accusato che doveva essere solo formale, arrivando fino alla Corte Suprema; è sconfitto ogni volta, ma almeno gli salva la pelle. Così, quando Gary Powers (Austin Stowell) si fa abbattere con il suo U-2 - Eve Hewson interpreta la figlia di Donovan - c’è una pedina di scambio: ne conseguono la trasferta in una gelida e imbiancata Berlino e i contatti con sovietici e tedeschi orientali con la rituale partita a scacchi che conduce all’inevitabile finale girato sul vero ponte di Glienicke. A parte il fatto che il protagonista poi ritorna a casa dove è ancora tarda estate, la rappresentazione della capitale tedesca è davvero efficace, staccando con i suoi bianchi sporchi alternati ai grigi metallici con le tonalità assai più calde presenti negli altri segmenti, oltre che nell’ambasciata sovietica (la fotografia è del polacco Janusz Kaminski, in Polonia è stata ricostruita la Berlino post-bellica ormai impossibile da ritrovare nella città odierna): la forzatura dell’edificazione del muro serve a raccontare un momento storico fondamentale e ad aumentare le difficoltà che l’avvocato si trova a superare. Malgrado i rischi, la narrazione procede mantenendo ai minimi i livelli di retorica: soggetto e sceneggiatura sono firmati da Mark Charman assieme ai fratelli Cohen e viene facile immaginare che i moltissimi tocchi di ironia sparsi un po’ ovunque siano soprattutto farina del loro sacco, come, uno fra tutti, il tormentone dei raffreddori berlinesi. Accompagnati dalla partitura poco invadente di Thomas Newman, gli attori offrono anch’essi una prova di alto livello: già detto dell’interpretazione dell’inglese Rylance sostenuta dalle capacità affinate in teatro (ovviamente nel doppiaggio va persa la differenza di accento, Abel era russo ma cresciuto in Scozia), fra le altre comunque irreprensibili, va sottolineata ancora una volta quella di Tom Hanks, la cui bravura è ormai una sicurezza. La raffinatezza con cui impersona Donovan è causa di un’empatia immediata, anche se è lecito il dubbio che il vero avvocato impiegasse un po’ più di due secondi a prendere qualsiasi decisione (immancabilmente giusta): ma se si tratta di una favola, per di più raccontata così bene, che problema c’è?