Fabio De Luigi debutta alla regia con questa commedia da lui stesso scritta e interpretata, prodotta da Maurizio Totti e popolata da molte facce note della scuderia Colorado. Purtroppo però De Luigi, come recita una battuta del film, ha visto (e fatto) troppa televisione, e questa storia di frustrazioni e riscatti rimane solidamente ancorata al linguaggio, alle ambientazioni e ai caratteri del piccolo schermo. La trama è piena di implausibilità, fin dalle prime scene (ad esempio quella in cui, all'interno di una sala cinematografica, Aurora spiega nel dettaglio la ricetta del suo tiramisù); i personaggi non sembrano avere alcuna attinenza al reale, né nelle emozioni né nelle reazioni; Aurora e Franco rivelano inspiegabilmente (se non fosse per la provenienza regionale dei due interpreti) l'una un lieve accento toscano, l'altro un pesante accento siciliano; Antonio, pur non essendo un ignorante, non ha mai sentito parlare del pittore Andrea Mantegna (che definisce "uno straniero minore"); le scene si svolgono in una geografia immaginaria che mette insieme Roma e (probabilmente) il Friuli che ha finanziato in parte il film. Le caratterizzazioni, a parte quella dell'onnipresente De Luigi, sono appena abbozzate, dal cognato odioso alla moglie iperpaziente e divertita da tutte le battute del marito all'amico nostalgico Marco che non riesce a far funzionare un'enoteca dal nome Vini e vinili - ottima idea di marketing, di questi tempi - che invece decollerà dopo essere stata trasformata in un obsoleto discobar popolato da strappone. Qualsiasi episodio di Love Bugs era più divertente e persino più credibile di Tiramisù, ed è un peccato, perché De Luigi è stato un comico originale alla corte della Gialappa's e un interprete interessante nella squadra di Gabriele Salvatores e Alessandro Genovesi. Ma la sua vera identità individuale d'autore deve ancora venire allo scoperto.